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Die Frau mit den 5 Elefanten a Mantova   Leave a comment

Lei è Swetlana Geier, la più grande traduttrice di letteratura russa in tedesco, e a 85 anni ha appena terminato l’opera della sua vita: una nuova traduzione dei grandi romanzi di Dostoevskij, i ‘cinque elefanti’.

Frau 5 Elefanten Foto

La donna con i cinque elefanti

Una figura carismatica e leggendaria, nella cui esistenza si riflettono le ombre del Novecento. Swetlana perde il padre a seguito delle purghe staliniane e la migliore amica nel massacro di Babi Yar. Nella Kiev occupata lavora come interprete per i tedeschi, poi viene internata con la madre in un campo di lavoro e nel 1943 è costretta ad abbandonare la sua Ucraina per non farvi più ritorno. Si stabilisce in Germania, dove finita la guerra studia germanistica e linguistica comparata.  Nel 1957 inizia a tradurre in tedesco i grandi autori russi e a insegnare in diverse università. Oggi è a capo di una famiglia molto numerosa, nonna e bisnonna di tanti nipoti.

Il suo lavoro è caratterizzato da un rapporto intenso, fisico con il linguaggio e da un rispetto assoluto per gli scrittori che traduce. Pretende che la traduzione colga lo spirito dell’opera e l’essenza dell’autore e allo stesso tempo è consapevole di quanto ogni traduzione sia imperfetta e legata al proprio tempo. Dice: “Le traduzioni sono mortali, ogni epoca merita le proprie”.

Frau 5 Elefanten Plakat

"Die Frau mit den 5 Elefanten" (2009)

A 85 anni, insieme al regista Vadim Jendreyko, Swetlana Geier ritorna nei luoghi della sua infanzia in Ucraina, per la prima volta dopo la guerra. Nel film-documentario “Die Frau mit den 5 Elefanten” (Svizzera/Germania, 2009)  la storia della sua vita e la sua attività letteraria si intrecciano e si indaga il mistero di questa donna straordinaria e instancabile: è il racconto di una grande sofferenza, di aiuti segreti e opportunità insperate ma anche del mestiere di tradurre e di un amore per il linguaggio e la letteratura capace di eclissare ogni altro sentimento.

Uscito in Germania all’inizio di quest’anno, già vincitore di premi in vari festival, “Die Frau mit den 5 Elefanten” sarà proiettato al Festivaletteratura 2010 di Mantova il 10 e 11 settembre , nell’ambito della rassegna ‘Pagine Nascoste’.

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Ciao Maria   3 comments

Le donne di "Sorriso amaro"

A destra: Maria Solieri, classe 1915

Senti le rane che cantano
che gusto che piacere
lasciare la risaia
tornare al mio paese
lasciare la risaia
tornare al mio paese

Amore mio non piangere
se me ne vado via,
io lascio la risaia
ritorno a casa mia
io lascio la risaia
ritorno a casa mia

[Canti delle mondine: “Senti le rane che cantano”]

Nel dopoguerra molte ragazze ogni anno venivano assunte come lavoratrici stagionali nelle risaie del vercellese. La forza lavoro locale non era sufficiente e così migliaia di donne, le mondine, giungevano dalle zone povere del nord Italia (dall’Emilia e dal Veneto) per trovare occupazione nella monda del riso che durava 40 giorni; l’età minima era fissata dalla legge a 14 anni. Riso Amaro (Giuseppe De Santis, 1949) portò alla ribalta in tutto il mondo le loro storie.

Nel 2001 un giovane regista, Matteo Bellizzi, rintraccia le poche mondine ancora viventi di Nonantola (MO) e le riporta in autobus nelle stesse risaie vercellesi dove da giovani ogni primavera venivano ingaggiate come lavoratrici, per un viaggio nella memoria in un mondo che ormai non esiste più.

Sorriso amaro

"Sorriso amaro" (2003)

Davanti alla telecamera “le ragazze” di allora si lasciano andare ai ricordi, parlando a ruota libera di quella ormai lontana esperienza di lavoro e di vita. Le loro testimonianze si intrecciano nel montaggio con vecchie fotografie che le ritraggono al lavoro e scene dal film con Silvana Mangano: confrontando la realtà e la finzione di quel film, i racconti delle mondine offrono un ritratto più fedele delle risaie degli anni 40-50.

Spinte proprio dalle immagini del film e dall’occasione del viaggio nelle risaie, le mondine ricordano le loro esperienze con un po’ di nostalgia e con tanta commozione, lasciando trasparire la stessa identica voglia di vivere di quando erano adolescenti.

“Sento molto l’impulso a recuperare il passato e la memoria perché io stesso provo la paura di perdere il tempo che vivo. Il mio film smentisce l’idea di vecchiaia che si possiede abitualmente: le donne di Sorriso Amaro trasmettono una straordinaria voglia di vivere che, come non si è arresa un tempo alla durezza del lavoro, così sa resistere oggi all’incedere del tempo che passa” Matteo Bellizzi, dal presskit del film

Ciao Maria, senti le rane che cantano?

Pubblicato 2 agosto 2010 da silviapellacani in documentario, Novecento, radici

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